domenica 6 novembre 2011

La prosperità e la modernità della Puglia sotto il Regno delle Due Sicilie furono spazzate via dall'Unità d'Italia

Un'amministrazione pubblica che oggi viene generalmente rivalutata dalla storiografia più obbiettiva e documentata aveva realizzato nella regione servizi sociali e insediamenti produttivi che la rendevano all'avanguardia per l'economia del tempo
Le Puglie furono, durante il regno borbonico insieme alla attuale Campania, il vero motore economico dello stato.
Centocinquant'anni fa Ferdinando II, insieme alla consorte, la regina Maria Teresa, vi compì un lungo viaggio. Accompagnato dai suoi fratelli Luigi, conte d'Aquila, e Francesco, conte di Trapani e dal generale Carlo Filangieri partì il 15 maggio 1847 da Napoli e giunse a Foggia il giorno successivo. Nella capitale della provincia di Capitanata, che aveva visto esattamente mezzo secolo prima celebrarsi il matrimonio del padre Francesco I con Maria Clementina d'Austria, visitò l'Orfanotrofio da poco costruito che portava il nome della sua prima moglie Maria Cristina. 


Nei giorni immediatamente successivi al suo arrivo compì un pellegrinaggio al Santuario dell'incoronata e si recò ad ammirare il Ponte da poco inaugurato sul Fortore ed i lavori del tratto stradale Foggia-San Severo che furono poi completati l'anno successivo.
Paolo Mieli in suo recente articolo ha scritto che furono costruite talmente tante strade, per altro quelle che si percorrono ancor'oggi autostrade escluse , che il colera del 1837 non poté essere fermato proprio per la rapidità delle comunicazioni stradali.

Veduta di Bitonto antica
I soliti detrattori ignoranti e non documentati inorridiranno al sapere che il re e la sua famiglia giravano per la Puglia accompagnati soltanto da un drappello di guardie d'onore provinciali. Il corpo fu fondato proprio da Ferdinando II e si componeva di giovani figli delle famiglie più in vista delle province e aveva il compito di scortare il re nei suoi viaggi. Magari con tutto quel che si è raccontato per viaggi del genere vi racconteranno anche di carrozze blindate e di un esercito di poliziotti a coprire il sovrano. 


In realtà l'unico intervento a cui fu sempre costretta la sparuta forza di gendarmeria, fu per proteggere il sovrano dall'entusiasmo della folla. Il 19 maggio i sovrani si recarono in visita a Lucera per ammirare il bellissimo orfanotrofio Ferdinandeo, anch'esso da poco inaugurato. Il giorno seguente partirono per Manfredonia da dove si recarono al Santuario di San Michele Arcangelo sul Monte Gargano e nella serata raggiunsero Barletta.

Qui fra un'ala sterminata di folla visitarono il castello e il Real Monte di Pietà, una delle tante istituzioni bancarie volute dal governo e soppresse con l'Unità e dove Ferdinando firmò i decreti di costituzione del nuovo comune di San Ferdinando da lui voluto per consentire agli abitanti delle zone insalubri delle Saline di poter condurre una vita meno disagiata.
Confiscò ai proprietari le terre necessarie e le assegnò gratuitamente ad i nuovi abitanti. Nel pomeriggio la comitiva si trasferì a Trani dove rimase fino al 24 e dove visitò il porto e la cittadina di Corato. 


Il 24 fu raggiunta Molfetta dove fu inaugurato il nuovo porto. Da Molfetta a Giovinazzo il giorno 25. Qui un altro monumento alla solidarietà pubblica: il Real Ospizio Francesco I oggi, vergognosamente chiamato Umberto I. Il presidente della provincia di Bari dal quale dipende l'istituto ci promise solennemente di tornare all'antico nome del fondatore, ma ancora non si è visto niente. Il re si spostò da Giovinazzo a Bitonto il giorno 25 dove volle visitare il maestoso orfanotrofio intitolato alla sua prima moglie Maria Cristina e si intrattenne con le alunne e con gli amministratori. Più di tutti questo luogo dovrebbe far riflettere molte persone sulla modernità del governo napoletano nel periodo borbonico. 


Un edificio che rispetta l'uomo. Che rispetta gli infelici orfani dando loro spazio e verde nel quale istruirsi a spese dello stato. Basterebbe questo per comprendere l'altissima civiltà delle nostre istituzioni.  In Piemonte e in Lombardia, all'epoca, un orfano veniva internato in una sorte di lager e nella civilissima Inghilterra, che tanto si preoccupava di noi, bambini non ancora dodicenni venivano costretti a lavorare diciotto ore al giorno in condizioni disumane. Ferdinando II volle anche fermarsi davanti a quell'obelisco che ancor oggi fa bella mostra di sé e che ricordava la battaglia vinta dal suo antenato Carlo III, il 25 maggio 1734, e la conseguente fondazione del regno indipendente. 


Tredici anni dopo questa indipendenza fu persa solo e soltanto per soddisfare le brame degli invasori e senza nessun miglioramento per noi, ma al contrario per impoverirci al punto di dover abbandonare in massa la nostra terra. Il 26 maggio i sovrani raggiungono Bari dove si recano a pregare nella Basilica di San Nicola e visitano il Real liceo, fucina di tanti ingegni pugliesi. Dopo una visita al Santuario della Vergine del Pozzo a Capurso, il giorno successivo si imbarcano su una nave da guerra per raggiungere Brindisi al fine di poter ammirare dal mare i grandiosi lavori di restauro del porto. Il 29 e 30 lo trascorsero a Lecce dove il re festeggiò l'onomastico e infine il 2 giugno lasciarono Brindisi imbarcandosi alla volta di Rovigno città asburgica dove li aspettava per una breve visita l'Arciduca Carlo padre della regina.

In sedici giorni Ferdinando II poté toccare con mano quanto aveva fatto nei suoi primi diciassette anni di regno per la cara Puglia alla quale era particolarmente legato. Basti ricordare che nella sua famiglia erano ben quattro i componenti che portavano titoli legati a città pugliesi. L'ultimo fu Pasquale uno dei suoi tanti figli che nel 1852 ebbe il titolo di Conte di Bari.
Bonifiche immense in Capitanata con la creazione di tante nuove cittadine.
Ponti e strade per centinaia e centinaia di chilometri, i porti di Molfetta, Bari e Brindisi, sessantuno ospedali sparsi per tutta la regione, trentanove fra conservatori ed orfanotrofi, diciannove monti di pegno, duecentodiciannove monti di maritaggio, sorta di piccole banche che consentivano di fornire le doti matrimoniali e ben ottantadue monti frumentari.


Questi ultimi furono delle piccole banche agricole che anticipavano a bassissimo tasso il danaro per le semenze agli agricoltori non abbienti. E per non parlare della prosperità generale nella quale viveva la regione. Teatri rinomati con cartelloni di primissimo livello erano dappertutto. A Foggia, a Barletta, a Trani, a Terlizzi, a Bitonto.
Il prezzo del grano e dell'olio di Puglia era quotato a Londra e la nostra agricoltura era all'avanguardia. Dopo l'unità il conquistatore pensò prima a tagliarci le gambe drenando tutti i capitali e uccidendo l'industria in via di sviluppo per trasferirla a Nord. Poi quando decise di proteggere la nascente industria del Nord l'Europa rispose boicottando i nostri prodotti agricoli e fu la definitiva fine anche per la Puglia.

Non dovranno mai più poter diventare imprenditori disse un banchiere genovese a Cavour quando preparò il piano per annientare la nostra economia. In Puglia dopo molto tempo ci si è riusciti a tornare imprenditori ma quel tempo felice che ci vedeva autonomi e indipendenti costruire il nostro futuro non è mai più ritornato. Oggi buttiamo le olive per la strada per la disperazione ma almeno siamo tutti italiani.                                   

Roberto Maria Selvaggi 

Tratto da  Il Sud Quotidiano del 13/12/1997 

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