domenica 6 novembre 2011

LO SBARCO DEI MILLE IN CALABRIA VISTO DA UN SOLDATO BORBONICO

La storia dell’epoca dei Mille in Calabria è piena di episodi, tutt’ora sconosciuti, ma significativi di stati d’animo contrastanti che pervasero i singoli. L’episodio di Solano ne presenta un singolare aspetto attraverso un documento che l’illustre studioso di Veroli, prof. Rotundo, è andato a recuperare per i lettori di Calabria Sconosciuta in una biblioteca della Ciociara.


L’interessante testimonianza che sottoponiamo all’attenzione degli storici calabresi del Risorgimento è tratta dalle “Memorie” dell’ex soldato borbonico e poi “brigante” e soldato papalino Francesco Francesconi di Sora, scritte nel 1913 sotto forma di lettere su sollecitazione dello storico di Casamari, Don Mauro Cassoni. Attualmente conservate nella Biblioteca dell’abazia verolana, le “Memorie” del Francesconi sono state pubblicate per la prima volta da Benedetto Fornari sul n. 3 della “Rivista Cistercense” (Casamari, 1984). Il Francesconi fu guardiano, all’inizio del secolo della grangia dell’Antera (dove Gioacchino da Fiore scrisse le sue opere principali), di proprietà dei monaci di Casamari, e fu conosciuto dall’attuale abate di Casamari Don Nivardo Buttarazzi (allora giovane seminarista), il quale ne ricorda l’onestà e la solerzia nel salvaguardare i raccolti e la proprietà dei monaci dai ladri. Il franco e sgrammaticato racconto dell’ex soldato borbonico di Sora, mentre ci fa conoscere qualche episodio inedito o dimenticato relativo ai combattimenti svoltisi in quel fatidico 1860 nei dintorni di Reggio (è il caso di un ignoto garibaldino di Solano che pagò con la vita il suo coraggio), non fa che confermare quanto tuttora è stato sottaciuto dalla storiografia ufficiale e cioè che la conquista del Sud (voluta per fini tutt’altro che nobili) fu possibile soprattutto grazie al tradimento e alla vigliaccheria degli alti comandi borbonici legati alla Massoneria (la semplice truppa era invece vogliosa di combattere), al generoso appoggio fornito ai conquistatori da gran parte della popolazioni meridionali, per natura idealiste, e alle illusioni di stampo massonico-progressista (quando non si trattò di meschini interessi) degli intellettuali e dei borghesi, in genere protervamente e stupidamente imbevuti di una cultura sostanzialmente estranea alla tradizione e alla vocazione naturale della loro terra (non si dimentichi che il Sud borbonico non solo andava progredendo a grandi passi in tutti i campi, ma in taluni di essi era addirittura all’avanguardi; dell’atroce beffa unitaria si accorgeranno ben presto le popolazioni meridionali le quali daranno vita al cosiddetto brigantaggio). Paradossalmente, dunque, gli Italiani del Sud sacrificarono il loro legittimo “particolare”, il loro grande Stato indipendente, al mito dell’Italia unita proprio mentre le condizioni sociali ed economiche del Regno subivano un sensibile miglioramento. In compenso, il Mezzogiorno d’Italia da “giardino delle Esperidi” è stato scientemente trasformato in “pattumiera d’Europa”, in terra ormai priva di futuro dove tutto è permesso a chi gode dei favori dei padroni del vapore.



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