venerdì 18 novembre 2011

Inno Regno delle Due Sicilie

Come tutti i simboli nazionali, l’inno dovrebbe rappresentare la sintesi della storia, della cultura, dell’identità e del genio di un popolo.
Tale era appunto l’Inno del Re, commissionato nel 1787 da Ferdinando IV di Borbone a Giovanni Paisiello, Maestro di Cappella, e adottato come inno del Regno delle Due Sicilie nel 1816.
Come altri frammenti preziosi dell’identità meridionale, l’Inno di Paisiello era quasi introvabile e soprattutto ne mancava una versione completa delle parole.
Letteralmente scomparso dopo la conquista del Regno, nel corso degli anni l’Inno del Re è stato persino oggetto di disinformazione storica, quando ne fu messa in discussione la paternità, confondendo Paisiello con Cimarosa.

Dell’Inno da tempo non esistevano più incisioni di qualche valore; quasi clandestinamente circolavano su Internet una versione organistica, una per coro ed orchestra dell’Orchestra della Scala e una eseguita dalla Banda dei Carabinieri. In epoca più recente, il musicista Eddy Napoli, rispondendo generosamente alle sollecitazioni di molti, ne aveva registrato una versione rimasterizzata con strumentazioni elettroniche, che ha permesso a tanti appassionati di storia delle Due Sicilie di conoscere l’inno borbonico.

L’Editoriale Il Giglio, nell’intenzione di colmare il vuoto storico ed identitario che si era creato, ha fortemente voluto che il suo primo cd musicale fosse dedicato interamente all’Inno del Re.



Ritrovato in un fondo di spartiti appartenuti alla famiglia del Principe Folco Ruffo di Palazzolo (1801-1848), che fu ambasciatore delle Due Sicilie a Torino ed in Svizzera, il breve testo veniva eseguito durante le cerimonie di rappresentanza. 

Oltre a restituire un granello di storia della nostra terra e un simbolo forte dell’identità dei popoli Meridionali, assume anche un indubbio valore culturale con la rivalutazione di quella tradizione musicale napoletana celebre nel mondo.


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Il 14 febbraio 1861, sugli spalti di Gaeta, risuonarono per l’ultima volta le note dell’Inno del Re di Paisiello, solenne ma mesto saluto al re Francesco II e alla regina Maria Sofia che si imbarcavano sulla Mouette verso l’esilio.

Da quel momento, dopo la conquista armata e la nascita del nuovo Stato, la Fanfara Reale dei Savoia, scritta da Giuseppe Gabetti nel 1831, fu elevata al ruolo di inno nazionale, in linea con quell’opera di piemontesizzazione operata in maniera tanto grossolana quanto capillare. Essa rimase in vigore fino al 1943, anche se, a partire dal 1922, venne affiancata dall'inno del Partito Nazionale Fascista, Giovinezza, nelle esecuzioni pubbliche.

Il 12 ottobre 1946, la marcia piemontese fu sostituita dal Canto degli Italiani come inno della Repubblica Italiana. Musicato da Michele Novaro su parole del mazziniano Goffredo Mameli, fu composto nel 1847 per celebrare il centenario della cacciata degli Austriaci da Genova. L’inno, più conosciuto come Fratelli d’Italia, fu scelto tra diverse proposte, alcune delle quali di maggiore valore musicale e poetico, perché esso sintetizzava sia la continuità con lo spirito risorgimentale sia l’ispirazione repubblicana. Curiosamente, nella Costituzione Italiana, mentre si indica il tricolore come bandiera nazionale, non si fa cenno all’inno di Mameli tra i simboli dello Stato.


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Giovanni Paisiello (Roccaforzata, Taranto, 1740 – Napoli, 1816) studiò a Napoli, al Conservatorio di Sant’ Onofrio dal 1754 al 1763, sotto la guida di Francesco Durante.
Fecondissimo ma poco fortunato autore, si cimentò in ogni genere musicale, con melodie ed arie di grande spessore musicale e emozionale, dalla musica sacra al melodramma; ebbe un ruolo di particolare valenza nella nascita e nell’evoluzione dell’opera buffa. A lui si debbono oltre novanta opere, tra cui la prima versione di quel Barbiere di Siviglia, che raggiungerà la fama in seguito nella versione di Gioacchino Rossini.
Nel 1772 Paisiello si dedicò alla musica sacra, componendo un requiem per Gennara di Borbone. Fu Maestro di Cappella della zarina Caterina II di Russia dal 1776 al 1784; rientrato a Napoli dopo un soggiorno a Vienna, fu nominato Maestro di Cappella di Ferdinando IV di Borbone. Nel 1787 gli fu commissionato l’Inno delle Due Sicilie.
È ritenuto uno dei più importanti compositori del ‘700 e la sua opera ha influenzato Mozart.


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Con l’intento di favorire la riscoperta e la rivalutazione di quella tradizione conservatoristica napoletana nota nel mondo, l’Editoriale Il Giglio ha affidato l’esecuzione dell’Inno ad una compagine musicale tutta del Sud, Nuove Armonie Ensemble, diretto dal Maestro Ida Tramontano e composto da quartetto d’archi, organo, tromba, coro e soprano.

Nell’esecuzione presentata da Il Giglio, sulle morbide del quartetto d’archi, formazione base della musica da camera, si innestano la voce solenne dell’organo e la marziale malinconia della tromba. La limpidissima voce del soprano ed infine il coro polifonico, restituiscono all’Inno del Re il tono maestoso e suggestivo attraverso il quale Paisiello volle esprime la grandezza di un popolo, il suo attaccamento ad una Dinastia grande, antica e gloriosa.


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Iddio conservi il Re
per lunga e lunga età
come nel cor ci sta
viva Fernando il Re
Iddio lo serbi al duplice
trono dei Padri suoi
Iddio lo serbi a noi
Viva Fernando il Re
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FONTE:www.editorialeilgiglio.it

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