mercoledì 25 aprile 2012

Calabria: La storia reale

Un tempo denominata "Italia" la Calabria è posta al centro del Mediterraneo ed è stata per molti secoli un ponte sospeso tra Oriente e Occidente.
Su di essa si sono avvicendati i Fenici, i Bruzii e i Greci, i Romani, ci furono le incursioni dei Saraceni; e poi i Longobardi, i Bizantini (ai quali si deve la denominazione di Calabria), gli Arabi, i Normanni, gli Angioni, gli Aragonesi, gli Asburgo e, prima dell’Unità, i Borbone; tutto ciò ha fatto sì che la Calabria diventasse uno scrigno all'interno del quale trovarono spazio ed espressione diverse culture e civiltà che ne hanno caratterizzato la storia.



A ciascuno di questi popoli sono riconducibili le tante testimonianze storico e artistiche pervenuteci, nonostante le frequenti calamità naturali e l'incuria degli uomini. È proprio dal connubio tra le varie attività delle diverse popolazioni (ognuna con il proprio bagaglio culturale, le proprie tradizioni e la propria arte) e i meravigliosi paesaggi naturali che nasce la Calabria di oggi con i suoi tanti tesori da scoprire e con tutte le contraddizioni che si trova a dovere affrontare, al fine di valorizzare il suo ricchissimo patrimonio artistico, culturale, archeologico e naturale.
Però, quando si parla di Calabria, non si parla di “Magna Calabria”, di una terra tra cielo, montagna e mare, le cui bellezze hanno ispirato Omero, popolata di gente calorosa e geniale che impavida ha seguito Colombo nelle Americhe e che per necessità è emigrata facendo però la fortuna di quelle Nazioni che l’hanno ospitata; culla del pensiero filosofico “ante litteram ”e luogo dove ha avuto inizio la prima rivoluzione industriale.
I segni dell’industria nel paesaggio sono numerosi e cospicui, per l’inserimento sia di edifici e varie strutture direttamente interessati ai cicli produttivi, dalle forme spesso imponenti e «nuove» in un contesto in precedenza diverso, sia di altre sedi significative, tanto per il valore visivo, quanto per quello sociale e simbolico, come ad esempio i villaggi creati per le maestranze.
L’esigenza di conoscere e praticare consapevolmente le ricchezze artistiche del proprio territorio deve essere considerata fondamentale perché contribuisce a dare una base alla formazione complessiva dell'individuo.
F.Braudel nel sintetizzare il metodo della nuova storia economica e sociale osserva che l’analisi delle cose passate è collocata in un “divenire” dinamico e non statico delle cose stesse; in un approccio investigativo di questo tipo assume rilievo non solo ciò che cambia ma anche ciò che permane, in quanto è proprio il confronto tra questi due termini che predispone i parametri del divenire.
La presenza nell’ambiente del territorio calabrese dei resti di veri e propri insediamenti industriali dimostra come la nostra terra sia stata antesignana della rivoluzione industriale e, quindi, dell’età moderna.
Infatti, le ferriere e le fabbriche d’armi delle serre e preserre calabresi, dislocate tra MONGIANA (VV), i territori di Stilo (RC) e Ferdinandea, costituiscono una tipologia degna di nota nella storia preindustriale.
Di grande interesse per la posizione montana e premontana , le ferriere si alimentavano con il minerale di ferro di Pazzano e di altri piccoli distretti minerari traendo l’energia dal legname, allora abbondante in quei distretti montuosi.
In tale area siderurgica furono costruiti, tra il 1754-55, sul modello dell'architetto Luigi Vanvitelli, gli oltre 2000 tubi necessari per la realizzazione dell'acquedotto “Carolino”, che avrebbe rifornito la Reggia di Caserta, oggi patrimonio dell’UNESCO. Tra il 1825 ed il 1828 furono realizzati i primi ponti sospesi in ferro: il "Real Ferdinando" sul fiume Garigliano ed il "Maria Cristina" sul Calore; furono costruite le rotaie per la prima ferrovia italiana (seconda in Europa), la famosa "Napoli-Portici" e inoltre, a Mongiana veniva costruita la famosa arma denominata, appunto, “Mongiana”, che per la particolare bellezza è oggi esposta al museo del Louvre.
L’industria siderurgica calabrese fino al 1860 godette di ottima salute; difatti, in un rapporto del 1860, redatto da un sottoposto del Generale Sirtori, capo dello Stato Maggiore, si legge “…Trovai lo Stabilimento benissimo condotto, attivati i lavori e prodotti di ottima qualità […] lo Stabilimento di Mongiana consta di una fonderia nel villaggio in cui lavorano n. tre altiforni ventilati da una macchina a vapore della forza di 50 cavalli[…]A tre ore di distanza di monti vi è un’altra fonderia detta Ferdinandea, che possiede un altro forno, in un locale però capace di averne quattro. A tre ore da Ferdinandea sono le Miniere di ferro con tre Gallerie, producenti un ottimo minerale ed alle quali è addetto un Capitano di artiglieria. […] si conosce il personale addetto a questo Stabilimento e da esso si rileva come più di 1500 persone traggono la loro esistenza dai lavori dello Stabilimento. Tutti gli oggetti qui costruiti vengono trasportati al Pizzo ove era un uffiziale distaccato….”
A partire dal 1863, la competenza, affidata in epoca borbonica al Ministero di Guerra, attraverso la V Direzione di Artiglieria, venne trasferita al Ministero delle Finanze, fino a quando, nel 1873, il Regno d’Italia decise lo smembramento e la vendita degli Stabilimenti e, di conseguenza, il declino della florida ricchezza del Regno delle due Sicilie.
L’operazione fu condotta attraverso una forte parcellizzazione delle quote di vendita e fu così che i circa 2000 addetti di Mongiana e Ferdinandea si trovarono a vivere una lenta agonia che in pochi anni li avrebbe visti ridotti alla fame e costretti poi ad emigrare.
Per ricordare quel tragico momento e celebrare la sommossa di Mongiana del 1860, guidata dagli operai delle Ferriere che scesero in piazza con la totale partecipazione della popolazione anche femminile , inalberando la bandiera bianca con i gigli, contro il nuovo governo, ci ritroveremo per testimoniare anche
la sopravvivenza del passato nel presente” ed affermare che la Calabria sta dimostrando di aver conquistato quell’autocoscienza della sua potenza d’essere, del saper fare e del voler essere ( posse, nosse et velle per dirla come l’illustre conterraneo Tommaso Campanella), in parole attuali del suo know-how, cioè sta dando prova di sapere come essere parte integrante ed integrata di quell’Europa, “regione più amata dal cielo” e “Nazione delle intelligenze”, dove ogni diversità rappresenta una ricchezza e luogo in cui ormai “le discordi tradizioni delle genti” si sono strette “ad un patto di mutua tolleranza e di rispetto e d’amistà”, e si sono sottomesse “tutte al codice di una giustizia e alla luce d’una dottrina veramente universale” che “abita tutti i climi e parla tutte le lingue”.
Presidente Comitati Due Sicilie Calabria
Cinzia Lamberti
 FONTE: DUE SICILIE OGGI

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