sabato 1 dicembre 2012

Quando la Marina napoletana dominava il Mediterraneo

Battaglia di Capo Noli del 1795
Alla fine del '700 Ferdinando IV fece delle forze navali delle Due Sicilie una delle più potenti flotte del mondo


La radicale riorganizzazione dell'Armata di Mare Napoletana ebbe inizio nel 1778, all'epoca dell'assunzione al servizio di Re Ferdinando del celebre uomo di mare di origine irlandese, John Acton.
Questi, dopo alcuni mesi di studio, agli inizi del 1779 presentò al sovrano due programmi, uno finanziario e l'altro navale, che prevedevano la costruzione di una flotta di 19 unità da guerra così suddivise: 7 navi di linea da 74 cannoni; 4 fregate da 32 cannoni; 4 sciabecchi da 20 cannoni e 4 galeotte da 18 a 20 banchi. Di questo piano navale le navi di linea rappresentarono certamente il programma più ambizioso. Una parte della storiografia navale italiana continua a ritenere che esse vennero costruite per assecondare le esigenze strategiche britanniche nel Mediterraneo. Secondo, invece, le nostre fonti, suffragate da pazienti ricerche d'archivio, le nuove navi da battaglia napoletane corrisposero agli interessi nazionali delle Due Sicilie, assicurando loro il controllo marittimo nel Mediterraneo libero dalla minaccia delle reggenze barbaresche, soprattutto di Algeri, che nella seconda metà del Settecento si era munita di grossi bastimenti per la guerra di corsa, e non più di piccole fuste o galeotte.
I vascelli a due ponti di 74 cannoni, conosciuti nel gergo navale come i "Settantaquattro", si diffusero nelle marine europee nel periodo fra il 1720 e il 1740, per le loro migliori qualità nautiche e per essere più economici rispetto ai pesanti e costosi tre ponti da 100/120 cannoni. Maestri nel costruire questo tipo di unità navale furono i francesi, seguiti a ruota dagli spagnoli. 
E infatti diverse delle loro navi vennero poi utilizzate come modelli per la costruzione di unità similari delle altre Marine europee, compresa la stessa Royal Navy, che copiò i suoi "74" da unità francesi catturate in battaglia. Analogamente la Marina napoletana prese come modello di riferimento per la costruzione delle nuove navi il progetto del vascello francese Leopard. Quella unità aveva una lunghezza fra le perpendicolari di 172 piedi francesi (un piede francese equivale a 32 cm per una misura di m 55,04 totali), ed una larghezza di 44,6 piedi (14,27 m); possedeva inoltre buone qualità nautiche, ed un bilanciato armamento. In base a questo progetto venne concepita anche la struttura del primo "74 napoletano: il Partenope.
La fregata Partenope varata nel 1834
La realizzazione di questo vascello, e delle successive unità, richiese una preventiva riorganizzazione dell'industria cantieristica e militare del Regno, portando di conseguenza ad un loro ammodernamento. Il vecchio arsenale di Napoli non permetteva la costruzione di navi di linea di tali dimensioni e pertanto fu indispensabile creare un nuovo cantiere navale per tale scopo. Dopo aver scartato il litorale di Baia, Sir John Acton ed ed i suoi collaboratori scelsero Castellammare di Stabia quale sede ottimale per impiantare il nuovo cantiere, ed a partire dal 1783 si incominciò a convertire l'area dove fino a quel momento si svolgeva l'attività cantieristica mercantile. Mentre nella fabbrica d'armi di Torre Annunziata venne invece approntata per la prima volta la produzione di tutta una serie di accessori in rame e in ferro destinati all'armamento marinaresco delle nuove navi.
Il Partenope impostato nel 1784, come in tutte le grandi navi da guerra dell'epoca venne costruito col sistema dell'ordinata "doppia" (detta in gergo "quinto") cioè formata da due costole uguali e combacianti, per dare allo scafo una maggiore solidità e capacità di assorbimento dei colpi di cannone. Varato il 16 agosto 1786, il vascello completò l'allestimento diciotto mesi dopo.
Ecco i suoi dati tecnici: lunghezza (fra le perpendicolari) 55,68 metri; larghezza 14,40 metri; immersione 7,36 metri; dislocamento 3000 tonnellate; armamento 28 cannoni da 36 libbre, 30 da 18, e 16 da 8; equipaggio 680/720 uomini.
Contemporaneamente alla costruzione del Partenope, nello stesso cantiere di Castellammare si iniziò la realizzazione di madriforme delle strutture del nuovo vascello, per permettere una produzione in serie di navi gemelle. Venne creata così la classe "Partenope", formata da navi delle stesse dimensioni della nave eponima, differenziate tuttavia nell'armamento, in quanto per esse i 30 cannoni da 18 libbre vennero sostituiti con altrettanti più possenti9 da 24 libbre.   Queste navi furono: il Ruggiero, impostato nel settembre 1786, varato il 15 settembre di due anni dopo; il Tancredi, impostato nel settembre 1788, varato il 3 settembre dell'anno successivo; il Guiscardo, impostato il20 settembre 1789, varato il 13 maggio 1791; il Sannita, impostato nel maggio 1791, varato il 12 settembre 1792; l'Archimede, impostato nel gennaio 1793, varato l'11 settembre 1795.
In tutto vennero costruite sei navi di linea, se comprendiamo anche il Ruggiero che, però, non entrò mai in squadra; una in meno rispetto all'originario piano di Acton. Tuttavia senza alcuna ombra di enfasi o di retorica, queste navi furono davvero l'orgoglio della flotta delle Due Sicilie, e operarono brillantemente nelle missioni di controllo contro i barbareschi, cooperando  anche con le forze navali britanniche nel Mediterraneo contro il comune nemico francese. 
Da sottolineare che proprio in queste operazioni il Tancredi coprì di gloria la bandiera navale napoletana nella celebre battaglia di Capo Noli del 14 marzo del 1795, allorché costrinse alla resa i vascelli francesi "Ça Ira" e "Censeur".
Questa magnifica nave di linea, la gemella "Guiscardo" e altre unità minori (il vascello di terzo rango "San Gioacchino, la fregata "Pallade", la corvetta "Flora" e la gabarra "Lampreda") vennero incendiate e affondate nelle tragiche giornate del 7 e 8 gennaio 1799, perché non cadessero nelle mani dell'invasore francese e dei suoi collaborazionisti giacobini, e ancor oggi giacciono sui fondali della rada di Napoli. 


Giuseppe Ferrigno 
Tratto da Il Sud Quotidiano del 31/01/1998
        


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