Molto avanzato anche in campo medico, il Regno delle Due
Sicilie annovera tra i primati anche quello della diffusione della Omeopatia.
A far conoscere a Napoli questo metodo terapeutico - nato
dagli studi del medico tedesco Samuel Friedrich Christian Hahnemann
(1755-1843) - furono i medici militari dell’Esercito asburgico che nel 1821
intervennero su richiesta del re Ferdinando I per contrastare i tentativi
rivoluzionari dei liberali. Uno di essi, il dottor Necker,
di Melnik, (Boemia) aprì un ambulatorio omeopatico ed
istruì i primi medici omeopatici italiani. Tra essi c’era il medico di Corte
della Regina Maria Amalia, Francesco Romani.
Il 4 gennaio 1825 salì al trono Francesco I, che aveva
come medico personale il dott. Cosimo de Horatiis,
allievo di Necker. Apertamente favorita dai Borbone,
l’omeopatia si diffuse nel Regno, in Sicilia, e nello Stato Pontificio.
«A Roma l’omeopatia ebbe sempre l’appoggio dei pontefici:
Papa Gregorio XVI autorizzò questa pratica e il suo successore, Pio IX, nominò
il professor Ettore Mengozzi, omeopata, docente di
Filosofia della Natura presso l’Università di Roma» (Fernando Piterà, docente in Omeopatia all’Università di Milano, Breve storia dell’omeopatia in Italia e dei rapporti con il Vaticano (in www.airesis.net)
Molto meno, invece, l’omeopatia si diffuse negli altri
Stati italiani, anche perché il nuovo metodo terapeutico era avversato dai
liberali, che consideravano un traditore chi diffondeva la medicina di scuola
asburgica.
«Agli esordi (1822-1830) lo sviluppo dell’Omeopatia in
Italia fu decisamente difficile, malgrado fosse apertamente favorita dai Borboni» (ibid.)
Nel 1834 erano oltre 500 i medici che praticavano l’omeopatia
in Italia, ed erano concentrati in gran parte nel Regno delle Due Sicilie e
nello Stato della Chiesa.
FONTE:www.editorialeilgiglio.it
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